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sabato 25 febbraio 2012

fotosintesi clorofilliana

FOTOSINTESI CLOROFILLIANALe piante producono ossigenoLa fotosintesi clorofilliana avviene nei cloroplasti delle cellule vegetali. E' un processo in base al quale anidride carbonica e acqua vengono combinate per produrre zuccheri ed amidi. Perchè questa sintesi possa avvenire, occorre dell'energia che viene fornita dalla luce del Sole. Le piante utilizzano queste sostanze e vari composti di azoto anche per produrre proteine. In questo modo, le piante sono in grado di fabbricare da sè le sostanze di cui hanno bisogno, mentre gli animali, per ottenerle, devono cibarsi di piante o di altri animali. Come "scarto" del processo fotosintetico si ha ossigeno: 6CO2 + 6H2O + energia = C6H12O6 + 6O2.
Per mostrare la produzione di ossigeno durante la fotosintesi, si può utilizzare una pianta acquatica. Come indicato dalla figura 15, immergete la pianta in un boccale d'acqua, copritela con un imbuto trasparente e sopra l'imbuto montate una provetta. Fate in modo che all'inizio non vi siano bolle d'aria. Esponete la pianta al sole e dopo qualche tempo vedrete delle bollicine di ossigeno radunarsi nella provetta per formare una bolla più grande.

allevamento dei protisti

Allevamento generico: con il passare del tempo, in qualsiasi raccolta d'acqua si forma una colonia di alghe e di protozoi di numerose specie. Potete dunque riempire un contenitore trasparente di acqua di rubinetto e collocarlo all'aperto, in una zona luminosa ma priva della luce diretta del sole, salvo per un eventuale breve periodo del giorno. Per rendere più rapido l'apparire dei protisti e per fornire loro del cibo, mettete nell'acqua un po' di erba secca e foglie secche. Come contenitore potete usare anche un semplice bicchiere, un barattolo da marmellata, una bacinella di plastica, un acquario, etc.

domenica 19 febbraio 2012

Desertificazione e degrado ambientale

SASSARI - Diciannove anni di attività, ventisette progetti di ricerca e cooperazione che hanno coinvolto trentasei ricercatori e docenti di sei diversi ex Dipartimenti (Agraria, Scienze Politiche, Economia, Giurisprudenza, Architettura, Scienze), un budget annuale medio di un milione e 400mila euro che dà lavoro a ventitre persone, tra cui assegnisti e tecnico amministrativi, con un età media di trentacinque anni. Sono alcuni dei numeri che raccontano la storia e l’esperienza del “Nrd-Nucleo di Ricerca sulla Desertificazione”, il Centro Interdipartimentale d’Ateneo che promuove studi e ricerche interdisciplinari sulla desertificazione e sul degrado ambientale. Dopo aver mosso i primi passi nell'ambito del progetto “Medalus”, quando da poco si era concluso il Summit mondiale sull’ambiente di Rio de Janeiro, il Centro è stato istituito ufficialmente nel 2000 e dal 2008 è diretto da Pier Paolo Roggero. Nel 2009 si è dotato di uno statuto che ha sancito la nascita di un comitato scientifico esterno all’Ateneo (coordinato da Giuseppe Enne) e di un comitato esecutivo.

Svolgendo un’attività di trasferimento tecnologico, che si traduce nell’applicazione dei risultati della ricerca nelle azioni e nei progetti di cooperazione internazionale, il Nucleo opera nel quadro delle finalità stabilite dall’“Unccd”, la “Convenzione delle Nazioni Unite per combattere la desertificazione”. Il Centro costituisce l’unica realtà italiana ad occuparsi nello specifico di questo tema e per l’Università di Sassari contribuisce al presidio nei settori relativi ai cambiamenti climatici e alla biodiversità. L’Nrd fa parte del network “Desternet International” ed è accreditato quale rappresentante della società civile alle sedute della conferenza delle parti, organo supremo della Convenzione. I finanziamenti per i singoli progetti provengono principalmente da bandi dell’Unione Europea, dei Ministeri e della Regione Sardegna. «Scriviamo progetti di continuo – spiega Roggero – di quindici che presentiamo l'anno, uno o due passano la selezione. Della stesura si occupano i ricercatori, i project manager e gli amministrativi. Tutti offrono un contributo fondamentale ed è questa consapevolezza che genera una maggiore coesione e capacità di mettersi in gioco. In questo contesto, all’interno del Nrd c’è spazio per studiosi che abbiano un “postdoc”, conoscano le lingue e abbiano capacità progettuali».

Per restare competitivi secondo Pier Paolo Roggero «è indispensabile puntare sulla formazione ed è per questo che i “visiting professor” costituiscono una risorsa preziosissima; occorre sviluppare networking con altre realtà ed è per tale ragione che due persone dello staff si occupano esclusivamente di tenere i rapporti con i partner; bisogna pubblicare su riviste internazionali i risultati delle ricerche visto che questo aspetto ha un peso sempre maggiore ai fini della valutazione». Le criticità maggiori si annidano «nella burocrazia che ti costringe ad affrontare situazioni paradossali come quella di non poter spendere anche quando le risorse ci sono o di dover bandire dei concorsi per compensi irrisori. Tutti questi impedimenti rallentano inevitabilmente le attività». Fino ad ora il Nucleo di Ricerca sulla Desertificazione ha operato prevalentemente nell’area del Maghreb e nei paesi sub sahariani, ma più di recente si sta aprendo un nuovo fronte: «L’ultima sessione dell’Unccd si è svolta in Corea del Sud – prosegue Roggero - lì e in altri paesi del continente asiatico ci sono problemi urgenti legati all'erosione del suolo e alla pressione antropica. In questa occasione abbiamo registrato una maggiore sensibilità politica intorno alle problematiche legate alla desertificazione e alla necessità di coinvolgere scienziati e ricercatori per individuare delle soluzioni».

Questo nuovo orientamento a livello globale si traduce in una grande sfida per l’Nrd e l’Università di Sassari. «Dobbiamo allestire un gruppo interdisciplinare capace di fornire risposte articolate che tengano conto delle implicazioni sociali, economiche e politiche all’origine dei problemi di sviluppo di un paese – afferma Roggero – tutto questo richiede competenze e profili diversificati che devono essere integrati tra loro, che nel nostro Ateneo esistono o possono essere formati. In questa prospettiva per l’Università la sfida lanciata dall’Unccd costituisce una straordinaria opportunità di crescere e di diventare ancora più protagonisti nello scenario internazionale». Nel frattempo, proprio in questi giorni, il Centro ha lasciato una delle due sedi in Viale Italia per approdare all’ultimo piano dell’ex Facoltà di Agraria. Nelle prossime settimane sarà individuata un’ulteriore soluzione per completare il trasferimento.

COME COSTRUIRE UN ERBARIO

COME COSTRUIRE UN ERBARIO

Il termine erbario ha un doppio significato, può infatti indicare:
Una raccolta di piante essiccate
Una struttura museale dedicata alla raccolta completa e sistematica delle specie, opportunamente essiccate ed ordinate in modo da poter essere conservate e consultate

In campo scientifico, gli erbari sono "l'anagrafe" delle specie conosciute e e sono quindi il punto di partenza per la verifica delle nuove specie e per l'identificazione di quelle già conosciute.
Gli erbari sono utili perchè permettono di compiere due tipi di studi:
un confronto sistematico
una documentazione storica

Si può facilmente imparare a raccogliere, classificare e conservare i propri campioni di specie vegetali, approfondendo la propria conoscenza per alcune zone o per le specie preferite.

Materiale necessario

Per preparare un erbario, servono:
- zappetta e cesoie
- buste di plastica per conservare le piante appena raccolte
- fogli di giornale per essiccare il campione
- libri per pressare gli esemplari raccolti
- fogli di supporto per sostenere il campione
- spilli e fascette di carta, in alternativa scotch
- una scatola di cartone per contenere i fogli dell'erbario.
Dove
Tutti gli ambienti naturali sono adatti per cercare piante per l'erbario e anche nelle città è possibile trovare molte piante. Qualsiasi gita  può quindi essere una buona occasione per raccogliere nuove piante per il nostro erbario.

La raccolta delle piante

Per fare un lavoro sistematico e completo sarebbe necessario prelevare la pianta in maniera il più possibile completa (radice, fusto, foglie, fiori e frutti), ricordando che la parte più importante per identificare una pianta, cioè capire a quale specie appartiene, è il suo fiore.
Tuttavia è già bello e interessante, con i bambini, raccogliere foglie e fiori che possiamo trovare in città e creare un semplice  erbario, anche solo con pochi elementi.

Al momento della raccolta è utile annotare alcuni dati, come luogo in cui l'abbiamo trovata. Sono di grande utilità per l'identificazione tutti i dati riguardanti le caratteristiche della pianta "in vivo" come il portamento, i colori dei fiori e delle foglie, l'altezza e le dimensioni del fusto.
Quindi possimo invitare il bambino a descrivere la pianta, così come la vede, aiutandolo ad osservare diversi particolari, e se è già capace a scrivere, suggerirgli di annotarsi quello che lui stesso ha osservato.
Questi dati saranno riportati nell'erbario.


Identificare le piante raccolte

Esistono in commercio numerosi libri per l'identificazione delle piante raccolte. Alcuni sono semplici guide pratiche che riportano per alcune specie più comuni disegni dettagliati di fiori e foglie (e se sono alberi anche particolari della corteccia e del portamento). Ai disegni sono spesso associate notizie ecologiche, impieghi e curiosità. Altre, più scientifiche, sono chiavi dicotomiche che, attraverso domande successive sull'anatomia della pianta (soprattutto il fiore), conducono all'individuazione di famiglia, genere e specie; per usarle serve una certa conoscenza botanica di base.

Non bisogna spaventarsi perchè, per l'identificazione di specie comuni, le guide pratiche sono più che sufficienti.

Essicatura
Una volta a casa bisogna pressare e seccare gli esemplari raccolti, per questa operazione è sufficiente avere un po' di quotidiani vecchi e alcuni libri che facciano da peso. Si prende una pagina completa, quindi doppia, di un quotidiano, si appoggia ad un ripiano e si dispongono tra le due pagine le piante che ci stanno (evitando sovrapposizioni), il più distese possibile.
Questa operazione si ripete utilizzando altre pagine di giornale finchè non si saranno sistemati tutti gli esemplari raccolti.

A questo punto si impilano le pagine preparate, alternandole con le "camicie". Una camicia si prepara semplicemente aprendo una pagina doppia di un quotidiano ed inserendovi un'altra pagina doppia, messa chiusa ed opposta a quella che la contiene. Le "camicie" servono ad assorbire l'umidità rilasciata dalle piante evitando che ammuffiscano. Quindi disponiamo su di un ripiano una camicia, una pagina con le piante, un'altra camicia, un'altra pagina con le piante, e così via, terminando con una camicia, su cui metteremo un po' di libri per fare peso.

Il giorno dopo dovremo sostituire le camicie con camicie asciutte e nel farlo si deve controllare che gli esemplari raccolti siano stati messi effettivamente ben distesi. Se così non è stato (capita spesso, soprattutto con i petali dei fiori) è ancora possibile rimediare spostandoli delicatamente con una pinzetta.
Fissatura delle foglie e dei fiori nell'erbario

Sistema semplice adatto ai bambini
Potete utilizzare o un semplice quadernone di quelli che si usano a scuola oppure un raccoglitore ad anelli con le "buste cristal".
Attaccate gli elementi che avete raccolto e che avete fatto essiccare su un foglio (ogni specie su un foglio) fermandola con qualche pezzo di scotch.

Poi aiutate i bambini a scrivere sul foglio il nome della pianta e le osservazioni che loro stessi avevano notato nel momento che avete raccolto il campione.

Sistema scientifico adatto ai ragazzi e agli adulti
Per fare questa operazione in genere si usano fogli bianchi di cm 43X32, strisce di carta bianca larghe 1cm circa e spilli. Per prima cosa si tagliano le strisce di carta in pezzetti lunghi circa tre cm circa. A questo punto si prende con cautela un esemplare ormai secco, lo si dispone sul foglio messo in verticale e lo si fissa tramite le fascette di carte fermate con gli spilli. In genere bastano due o tre strisce per esemplare, messe nei "punti strategici".

Se si è stati in grado di identificare la specie, l'erbario avrà maggiore valore se ogni esemplare sarà accompagnato da un'etichetta (che andrà fissata con uno spillo nell'angolo inferiore destro del foglio).

Le etichette possono riportare le seguenti indicazioni:
-   nome della famiglia;
-   binomio che identifica la specie: genere (in maiuscolo) + specie (in minuscolo);
-   nome comune
-   ambiente in cui la specie è stata raccolta;
-   località di raccolta (Comune) e quota;
-   data di raccolta e nome del raccoglitore e di chi l'ha determinata.

ESEMPIO: Fam.  Fagaceae
Carpinus betulus
Farnia, bosco del Parco del Lambro
Sovico
13 Febbraio 2012, legit (cioè raccolto) et det. (cioè determinato da) Mario Rossi

Ogni notizia sull'ambiente aumenta il valore scientifico dell'esemplare, per cui ad esempio è meglio non scrivere solo "bosco", ma "bosco di castagni".

Conservazione

Una volta pronti i fogli dell'erbario possono essere conservati in scatole di cartone chiuse, poste in un ambiente asciutto, per preservarli dall'attacco di muffe ed insetti. Naturalmente le piante seccate secondo le istruzioni possono anche essere utilizzate per farne quadri, composizioni, calchi con i pastelli a cera e tutto quello che la fantasia ci suggerisce.

I CONTINENTI SARANNO DUE

CIRCA 280 MILIIONI DI ANNI LA TERRA ERA UNITA IN UN UNICO CONTINENTE CHIAMATO PANGEA, POI SI E' DIVISO IN LAURASIA E TERRA DI GONDWANA FINO AD AVERE GLI ATTUALI CINQUE CONTINENTI. FINORA SI PENSAVA CHE UNA NUOVA PANGEA SI SAREBBE FORMATA TRA 250 MILIONI DI ANNI. UNA RICERCA DELL'UNIVERSITA' DI KICHI (GIAPPONE) SOSTIENE CHE NON AVVERRA'. SUD AMERICA E ANTARTIDE NON SI UNIRANNO AL RESTO DEL NUOV SUPERCONTINENTE CHE UN GIORNO LONTANO VERRA' A FORMARSI. LA CAUSA E' DOVUTA AD UN'IMPONENTE RISALITA DI MAGMA NELL'OCEANO PACIFICO CHE IMPEDIRA' ALL'AMERICA MERIDIONALE E ALL'ANTARTIDE DI FORNDERSI CON IL NORD AMERICA, L'AFRICA, L'EUROPA E L'ASIA, CHE INVECE SI UNIRANNO.

BIGNAMI DA "FOCUS" NUM. 232

Questa carta geografica permette di apprezzare la topografia dei fondali oceanici. La profondità delle acque nei diversi punti del globo dipende dalla morfologia dei fondali, che possono presentare pianure, catene montuose, valli e vulcani, proprio come le terre emerse.

sabato 28 gennaio 2012

la pianta più vecchia ha la bellezza di 13.000 anni

 E' una quercia che si è clonata nel corso dei secoli. Il precedente primato era di un pino di 9.000 anni che vive in Norvegia di LUIGI BIGNAMI.

 Ecco la pianta più vecchia ha la bellezza di 13.000 anni

C'era ancora l'ultima era glaciale quando, 13.000 anni fa, un piccolo seme di una quercia iniziò a svilupparsi e a crescere in un'arida area della California e da allora ha continuato a vivere fino ai nostri giorni, seppur sotto forma di clone.

Circa dieci anni fa, Mitch Provance dell'Università della California, stava conducendo un sopralluogo sulle montagne della regione di Jurupa, quando si trovò ad attraversare una macchia di una particolare specie di querce. Provance trovò interessante quel gruppo di alberi non solo perché si trovavano in un ambiente che non era tipico per loro (a quota più alta), ma perché tutte le piante erano estremamente simili l'una all'altra. Provance intuì quasi immediatamente che ciascuna pianta poteva essere un clone dell'altra.

A quel punto è iniziato uno studio specifico che ha portato a scoprire che tutte le piante avevano proteine esattamente simili. "Le probabilità che tali cespugli potessero essere tutti così uguali dal punto di vista del loro chimismo erano insignificanti", ha detto Jeffrey Ross-lbarra che ha eseguito la ricerca, pubblicata su PlosOne.

L'unica possibilità che può spiegare una tale diffusione di piante simili consiste nell'ammettere che le piante sono cloni di se stesse.

Per porre una data sulla prima pianta che è cresciuta in quel luogo i ricercatori sono risaliti ai cicli di vita che quella macchia ha avuto. Li hanno contati considerando che ciascuno è di 40-50 anni e che per incendi o per altri motivi terminano la loro vita rinascendo all'interno della macchia stessa per poi allargarsi. In questo modo sono riusciti a risalire all'età: circa 13.000 anni.


Qualche ricercatore tuttavia ha dubbi sul metodo utilizzato per risalire così indietro nel tempo. Tra questi vi è Marc Abrams dell'Università della Pennsylvania, il quale sostiene che si dovrebbero trovare altri indizi per avere la certezza che si tratta di un'unica pianta che si è clonata in un così lungo lasso di tempo. Ross-lbarra sostiene che se si riuscisse a trovare un piccolo pezzo di legno fossilizzato, l'analisi del carbonio potrebbe dare la conferma definitiva.

Fino ad oggi la più antica pianta conosciuta era una conifera scoperta al confine tra la Svezia e la Norvegia, che risalirebbe a circa 9.000 anni fa. Dopo queste eccezioni segue "Matusalemme", un pino Bristlecone che vive vicino Las Vegas, la cui età si aggira attorno ai 5.000 anni. Altri alberi vecchi di migliaia di anni vivono in Iran, dove un cipresso sembra avere 4.000 anni; in Cile dove un altro cipresso ha compiuto i 3.600 anni. In Italia il censimento degli alberi monumentali realizzato dal Corpo forestale dello Stato ha individuato l'albero più antico della nostra penisola nell'oleastro di San Baltolu di Luras, in provincia di Sassari: ha 3.000 anni. Dal punto di vista scientifico si tratta di un Olea europaea oleaster, in altre parole un olivo selvatico. Un esemplare di 15 metri di altezza e 11 metri di circonferenza.


(29 dicembre 2009)

Italia come sei caduta in basso.

ROMA, 28 GEN - I rendimenti dei Bot tornano sotto il 2%. In calo lo spread a quota 404. Draghi bacchetta i mercati: stanno esagerando con il rischio del debito. Ficht taglia il rating dell'Italia ma - spiega - senza l'impegno di Monti sarebbe stato peggio. "Distaccata serenita'", commenta il premier. Proseguono oggi i negoziati tra il governo Greco e i creditori.