Ecco l'Italia dello scurriculum
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Venerdì, 9 dicembre 2011 - 16:13:16
di Lorenzo Lamperti
"Siamo in un sistema feudale. I politici sono i principi e i loro amici piazzati negli enti pubblici sono i vassalli". A cantarne le lodi, o meglio le malefatta, ci pensano Alberto Fiorillo e Paolo Casucci nel loro libro "Scurriculum", in uscita in questi giorni nelle librerie. "Non raccontiamo i prodotti doc della casta, ma i loro sottoprodotti", spiega Fiorillo in un'intervista ad Affari.
"Non hanno ruoli politici, ma invadono tutti i settori pubblici", spiega l'autore, giornalista freelance e tra l'altro curatore dell'annuale rapporto sulla qualità di vita urbana del Sole 24 Ore. "Se modella il proprio curriculum uno studente alla ricerca del primo lavoro è una cosa, se lo fa un politico con 15 anni di esperienza un'altra". Il problema è per Fiorillo "assolutamente traversale" ed è soprattutto "un problema di natura economica". La demeritocrazia spinge i nostri cervelli all'estero? "Sì, ma la cosa più grave è che frena l'arrivo delle eccellenze dall'estero".
L'INTERVISTA
Come è nata l'idea di scrivere questo libro?
"E' nata quando abbiamo notato che tra i prodotti della casta non ci sono solo quelli doc, cioè quelli che tutti individuano subito come suoi, ma anche i loro sottoprodotti. Sono abbastanza trascurati perché non sono famosi come i primi ma fanno male quanto e come loro. Guidano enti importanti, aziende che gestiscono quattrini, occupazione, appalti. Parlando fra di noi abbiamo notato che tra le nostre reciproche conoscenze c'erano una mezza dozzina di persone che rispondevano bene a questo profilo. Abbiamo dato un'occhiata in giro e ne abbiamo trovate a iosa".
In che modo avete selezionato le storie da raccontare nel libro?
"Ci siamo occupati di enti pubblici e a ogni modo non di ruoli di tipo politico. Siamo andati a pescare in diversi settori, non solo quello della sanità che è solitamente uno di quelli più prodighi di storie di questo tipo. Siamo andati a vedere altre cose come parchi nazionali, l'Inea e gli altri enti che si occupano di agricoltura. Sono enti meno sotto la luce dei riflettori ma che incidono ancora maggiormente sulla vita quotidiana delle persone. E' un'estensione del concetto del potere dell'usciere, che pur avendo bassissimo potere può bloccare o dirigere alcune scelte delle amministrazioni presso cui lavora. Qui invece si tratta di persone che hanno un potere molto forte: amministratori delegati, presidenti e direttori generali. Tutti esercitano il loro potere a vantaggio proprio e del mentore che li ha nominati. E quindi anche di una specifica parte politica. Danno vita a un sistema feudale con vassalli che restano il più possibile legati al capo".
Che cos'è lo scurriculum?
"Sono quei curricula inadatti alle occupazioni che vengono occupate. Vengono modellati a seconda delle richieste degli enti, spesso con effetti comici. Finché a modellare il proprio curriculum studenti alla ricerca di un primo lavoro è una cosa comprensibile e normale, ma se lo fa un politico con 15 anni di carriera alle spalle un po' meno. E questo succede molto più spesso di quanto uno possa credere".
Che cosa c'è alla radice di quella che Stella nella prefazione al vostro libro chiama Mediocracy, cioè un Paese governato da una classe dirigente mediocre?
"E' una cosa che fa parte del nostro Paese, uno di quei vizi che ci portiamo dietro da decenni. Lo denunciava a suo tempo anche Sciascia: in Italia si piazzano le persone non tanto per le loro competenze quanto per la loro appartenenza. Quello che posso dire è che negli ultimi anni c'è stata una degenerazione. Un dentista forse non sarebbe stato messo ai vertici dell'Aci di Milano negli anni '70 o magari anche nella prima metà degli anni '90. La mia impressione è che si sia creato un meccanismo di perpetuazione della specie. Piazzando degli incompetenti, ancora di più che delle persone capaci, il politico si assicura fedeltà. Il principe si crea una corte e insieme, politico e vassalli, si garantiscono la reciproca sopravvivenza. E a rimetterci è il Paese. Questo non è solo un problema morale. L'etica cambia con il passare dei tempi. Qui ci sono leggi che non vengono rispettate. Ma prima di tutto è un problema di natura economica. Io voglio che il dentista che mi mette le mani in bocca sia bravo, non che sia "l'amico di". Ci devono essere persone capaci per garantire un'economia sana e il funzionamento dei servizi. Tutte cose che un incapace non sa e non vuole nemmeno saper fare".
Quanto è traversale il problema della demeritocrazia?
"E' assolutamente trasversale. Noi abbiamo scelto casi nazionali e quindi visto che negli ultimi anni il governo è stato di centrodestra ci sono più casi legati a quella parte politica. Ma è una cosa che accouma in tutto e per tutto destra e sinistra".
Quanto questo sistema influisce sulla fuga all'estero dei nostri talenti?
"Moltissimo. Però il fatto che i cervelli vadano all'estero è anche una cosa fisiologica, da quando sono state abbattute le barriere tra i paesi. Ma a differenza di quanto accade altrove, da noi non arrivano più eccellenze dall'estero. E' questo il vero problema. La demeritocrazia è un freno per chi arriva da fuori. E noi ci inaridiamo".
Cominciate il libro parlando di 'mitridatizzazione'. Come mai?
"La mitridatizzazione è una cosa che riguarda tutti noi. A forza di ingerire dosi quotidiane di veleno ci siamo assuefatti a tutto. Il problema è che spesso e volentieri ci sono delle cose che ci fanno sorridere, in maniera amara, ma che sono di una gravità enorme. Cose che basterebbero da sole a determinare la caduta di un governo o un'amministrazione locale. Un esempio su tutti? La parentopoli romana legata all'Atac".
Nel vostro libro parlate di tre concetti fondamentali: merito, concorrenza e regole. E' così impossibile applicarli nel nostro Paese?
"Non ci si riesce perché i garanti del sistema di regole sono i principali protagonisti del loro mancato rispetto. Però possiamo farcela. Comunque la si pensi sulla manovra, il moderatismo estetico di Monti e la sua sobrietà, oltre al fatto che si sia tornato a parlare dei contenuti, dimostrano che l'Italia non è tutta così. Ci sono tanti italiani che sono migliori del loro paese. Bisogna riuscire a tirare fuori queste positività che esistono e ci hanno anche reso grandi in passato".
Nel libro fate nomi e cognomi degli "scurriculati". Non avete paura che si possano offendere?
"Abbiamo discusso molto di questo. Per questo abbiamo deciso di attenerci il più possibile alle indicazioni di legge. Molti enti richiedono curricula con requisiti specifici. Laddove questi titoli non c'erano siamo andati a indagare. Altre volte abbiamo seguito lo svolgersi dei fatti. Poi, per carità, può succedere che uno si scopre un grande capitano d'azienda dopo aver fatto altro per tutta la vita, però è un'eccezione e non la regola. Vorrei raccontare un episodio per spiegare lo spirito del nostro libro. Una volta c'è stato un politico che si è ritrovato al pronto soccorso. Ci aveva portato sua figlia che non sentiva bene. Incontra un amico e iniziano a parlare. L'amico gli chiede chi la stia seguendo e il politico gli risponde: 'il primario'. E l'amico: 'Beh, allora sei tranquillo, la vede addirittura il primario'. Ma il politico risponde: 'Ma che tranquillo, è proprio quello il problema. Il primario l'ho nominato io".